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Cipro, un enigma da risolvere per la Turchia

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Il ministro per gli Affari europei di Ankara, Egemem Bağış, ha sottolineato sulla stampa nazionale e in incontri pubblici la soluzione più gradita alla Turchia della questione cipriota: l’unificazione dell’isola, nella traccia di quel piano Annan del 2004 (previsione di uno Stato federale unito e indipendente) accolto dal 64,9 % dei turcociprioti e bocciato dal 75,8 % dei grecociprioti, con conseguente fallimento del progetto sostenuto dall’ONU.

Le altre ipotesi prospettate da Bağış – due Stati entrambi riconosciuti dalla comunità internazionale, annessione turca dell’attuale Repubblica turcocipriota – sono da considerare in subordine, e probabilmente interlocutorie.

Comunque sia, l’importanza geopolitica di Cipro è considerevolmente aumentata da quando importanti giacimenti di idrocarburi sono stati rinvenuti nei pressi delle sue coste e – altro aspetto abbastanza recente – da quando le relazioni fra Turchia e Israele sono sensibilmente peggiorate: Tel Aviv infatti ha lavorato in profondità nel consolidamento dei suoi rapporti con la Grecia – uno Stato economicamente in ginocchio e privato di sovranità politica, come purtroppo le cronache quotidiane testimoniano – e con la Repubblica cipriota, con la quale sono stati firmati all’inizio di quest’anno due accordi di cooperazione nella difesa e nell’intelligence. A ciò si aggiunge il contenzioso fra Turchia e Unione europea che vede la questione cipriota come elemento di contrasto e di difficoltà nel dispiegarsi del dialogo fra le parti. Qui l’incapacità e la cattiva volontà delle istituzioni europee – sommate alla passata scarsa lungimiranza turca e greca – sono evidenti, e hanno contribuito alla persistente chiusura della Ue nei confronti di Ankara. L’intervento di Israele nell’area non fa che rendere più difficile una soluzione, rafforzando la diffidenza delle istituzioni “europee” verso la Turchia. E’ pure da sottolineare come l’importazione di risorse energetiche costituisca il maggior peso per l’espansione dell’economia turca, un’economia che corre agli stessi ritmi di quella cinese (con un aumento del PIL del 9,6 % nei primi nove mesi del 2011) ma che deve preoccuparsi in prospettiva dell’acquisizione di tali risorse, che ora il mar del Levante sembra garantire in una certa misura.

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